Parole che stupiscono, che non ti aspetti, che devi come rileggerle anche se a pronunciarle è stata una voce, un eloquio stanco dal volume e dai toni bassi. Poteva dire “calvario”, “inferno”, “tempesta” e “orrore”, Beppino Englaro ieri sera in TV. Poteva parlare degli ultimi 17 anni della sua vita dicendo “lotta” e “trincea”, “rabbia” e “disperazione”. Poteva e non avrebbe fatto altro che usare gli stessi termini che hanno usato tutti – amici e nemici – invadendo il campo della sua “tragedia”. Appunto: anche “tragedia” avrebbe potuto dire.
E invece no.
La pozzanghera è nata per guardare le parole che ci finiscono dentro, per vederle sguazzare, per vedere i riflessi inaspettati che producono.
Beppino Englaro ha chiamato quel tempo lunghissimo “APPROFONDIMENTO”.