Se fossi il Papa, non avrei questa barba di tre giorni. Se fossi il Papa, oggi avrei sguinzagliato il mio ufficio stampa per convocare tutti i giornalisti italiani e poi avrei aperto la finestra: «Bella gente» – avrei detto con voce sicura – «l’avete visto il giornale, l’avete letto il sito? Avete visto che cifre? 100.000 birmani. E il terremoto, avete sentito del terremoto in Cina? 900 liceali sotto le macerie… Sentite, belli, che ne dite di sganciare 10 euro a cranio. Lì diamo a uno fidato, un Billclinton, uno così, con una bella faccia, ché glieli porti e ci faccia del bene… Sì, lo so, le tasse, la quarta settimana, il mutuo… ma suvvia, adesso ci tolgono pure l’ICI. Sì, c’avete ragione pure voi, a noi non ce l’hanno mai messo… ma dai, pensateci… Noi si dev’essere quelli buoni, è tutto lì il succo, il senso. È tutto scritto. Il nostro è un destino di bontà, non c’è verso. Siamo tutti fratelli, no? Bianchi, gialli, neri. Quel bambino con gli occhi a mandorla senza la mamma e senza il papà è nostro figlio e nostro fratello. Quel bambino siamo noi. Non possiamo non dirci birmani. Oh, visto che bravo, pure la citazione…».
Se fossi il Papa, oggi mi sarei fatto la barba e avrei evitato di dire che il divorzio è una colpa grave, e soprattutto non avrei dato della materialista disprezzatrice della vita ad una donna che ha abortito. Lo so, l’argomento è spinosissimo e complicatissimo e non lo si taglia a fette, ma quello che voglio dire è che oggi è OGGI. Oggi è questo 12 maggio con tre notizie che spiccano sulle altre: nelle prime due ci sono centinaia di migliaia di morti e altrettanti innocenti che rischiano la pelle, nella terza c’è chi ci ricorda che bisogna difendere la Vita e non sta assolutamente pensando a quelle vite lì.
Mi si dirà che in Cina e in Birmania probabilmente eroici pretini stanno già portando soccorso a quell’umanità bastonata, ma questo non colma in nessun modo una crudele ASSENZA DI PAROLE. Se si escludono le solite, spropositate e a sproposito.